Il successo e la visibilità possono dare un po’ alla testa. Sotto i riflettori nel caso di Mc Donald’s, si sta ripentendo con Facebook, senza dimenticare Apple: i grandi brand temono che altri approfittino della loro notorietà usando un brand name simile al loro. Sono famose le dispute purtroppo sempre sbilanciate, tra il colosso degli hamburger e chiunque in ambito food voglia usare un nome che contenga la particella Mac o Mc. Mc Puddu’s e Mc Fruttas (in Sardegna) M**Bun (hamburger di carni piemontesi) e anche in Israele ci sono stati problemi.
Apple è ossessionata dagli iNames altrui, anche quelli precedenti allo storico lancio dell’iMac, ma non sempre riesce a spuntarla. Ora è la volta di Facebook, che già da anni ha aperto cause legali (sembra che siano state 100 le cause aperte in USA negli ultimi 5 anni) con aziende di ambito social che integrano il termine book nel proprio brand name. DesignBook è stata “invitata” a cambiare il nome: “Facebook said that Designbook would infringe on the company’s trademark, confuse consumers and dilute its brand”.
A volte i timori sono fondati ma in altri casi si può parlare di paranoia, oltre che di vagonate di soldi spesi e fatti spendere spesso a piccole imprese, prima che queste si decidano a ritirarsi dalla scena e cambiare nome, considerata la sproporzione economica con i master brand. Teachbook, una start up di education techinolgy è diventata TeachQuest perché non poteva sostenere una battaglia legale contro il gigante.
Follia, ormai. Anche in Europa Deutsche Telekom voleva impedire l’uso del colore magenta in qualsiasi marchio perché lo aveva registrato come proprio marchio. Pretesa ritenuta comunque illegittima dalla UE in quanto il colore di per sé non è registrabile e proteggibile come elemento a se stante. Ignoro se DT continui a intentare causa a chiunque, resta che certe mosse si rivelano spesso poco furbe: nel caso di M**Bun l’essere stati presi di mira dal colosso americano e la soluzione poi trovata con l’uso degli asterischi han dato loro una visibilità davvero niente male. Peccato solo che sempre più spesso sia lo spessore del portafoglio a determinare – anche nel settore dei marchi – cosa uno possa o non possa fare… Perché dubito che ci sia chi, per questione di principio, muoia dalla voglia di passare anni in causa con un colosso internazionale. Per cui si alza bandiera bianca subito, con buona pace delle libere scelte democratiche.