Dunque: io ho un ritardo di quasi 20 anni nell’accorgermi di questa bomba di nome, loro hanno un anticipo di quasi venti anni, sui tempi imprevedibili del naming.
Loro sono quelli che nel 1999 hanno scelto un nome come Innocent per la loro linea di smoothies. Sul sito ci sono genesi, passi, errori, colpi di fortuna, prodotti, strategie e tutto quello che serve per capire come il brand Innocent è arrivato ad essere leader nel suo settore, con e prima che vi entrasse The Coca Cola Company. Io registro ora la genialità di questo nome, un semplice, ingenuo, coraggioso aggettivo, che presenta in modo fin troppo candido la mission di quei bravi ragazzi che si sono messi a vendere prodotti della natura così in anticipo rispetto a tutto.
Innocent è il nome, che scritto con la minuscola è ancora più innocent. I pack minimalisti, il font tondo del logo, il disegno della mela con gli occhietti, l’aureola sulla mela… tutto sottolinea e amplifica il concetto di base. E in apertura del sito la dichiarazione: Hello, we’re innocent and we’re here to make it easy for people to do themselves some good (whilst making it taste nice too)
Una comunicazione segnaletica e molto coerente per veicolare un messaggio forte, compatto, declinato su prodotti (succhi, frullati, acque aromatizzate, pasti pronti …) e azioni commerciali (la catena del bene, il pensiero del giorno, il complimento positivo…). Al di là dei prodotti in sé il nome ha un effetto profondo: si tratta di un nome che proviene da un contesto lontano dal mondo commerciale e dalla semantica più ovvia per proposte a base di frutta e verdura. Il nome apre le finestre su un mondo spirituale e psicologico, quasi etico, e dichiara un atteggiamento. Potrà sembrare stonato e antipatico a molti, ma la relazione che stabilisce con le persone è speciale e non genera indifferenza.
E poi trasparenza su tutto, anche sulla casualità con cui è nata questa impresa, e su come sono arrivati alla scelta del nome Innocent, audace e sfidante nella sua disarmante semplicità. Anche i fondatori di Virgin dichiararono un ragionamento analogo per la scelta del nome Virgin; era il 1970 e loro erano orgogliosi (anche provocatori e birichini) di essere vergini sul mercato che stavano cominciando ad abitare. Riconosco però al brand name Innocent una coerenza più stretta con il territorio di marca, i valori, la mission, l’offerta, e vedo maggior potenza comunicativa nella gentilezza del termine innocent che nella sfrontatezza di virgin. A fine secolo scegliere un nome come Innocent è stato un atto forte, da pensare e ripensare come modello, come quando negli anni ’90 Barilla scelse il nome Essere, – un verbo, così filosofico, pesante e concettuale – per la sua linea di prodotti salutisti … la ricordate?
Ci sarà della presunzione nel nome Innocent ma c’è anche una promessa unica, un impegno importante. E mi piace che gli autori-imprenditori parlino anche di come sono arrivati con fatica e in step successivi al nome Innocent: “It takes nine months to think of one (name). For a while the brand is known as Fast Tractor. Then Hungry Aphid. Then Nude. Then Naked. Then innocent.”.