Mi ha divertito vedere di sfuggita questa comunicazione del brand Il Meteo mentre si chiudevano le porte di un vagone della metropolitana milanese. Che messaggio arriva? Che c’è un problema di naming, e anche piuttosto grosso.  

 

C’È METEO E METEO

Il focus della comunicazione è l’articolo il che peraltro già ci stordisce dal logo, luogo da cui sembra voler scappare. Anche nel logo quell’articolo si fa esageratamente notare. Una lettera I minuscola e una L maiuscola che indiscrete schiacciano la semplicità scarna della parola Meteo, con il suo lettering d’altri tempi.

Il problema è evidente: senza quell’articolo il brand finisce con la coda tra le gambe nel girone di tutti i siti che si occupano di previsioni meteo, e che hanno un nome che include la parola “meteo”.

Questa è la condanna dei nomi generici, che non hanno un guizzo o un riferimento originale che li aiuti a distinguersi dalla massa di nomi “timidi”. Semplicemente non hanno osato fare scelte più strategiche, votandosi a naming più audaci.

 

I NOMI DESCRITTIVI SONO SPESSO INTERCAMBIABILI

Il problema del servizio Il Meteo è di venire confuso e sopraffatto dal concorrente Meteo. A noi utenti in modo naturale viene facile convergere sul sito meteo.it, piuttosto che sul sito ilmeteo.it. E quindi evaporano potenziali clienti e traffico per la pubblicità. È il paradosso dei nomi descrittivi, tanto facili e immediati da essere sostituibili gli uni con gli altri, o da creare penalizzanti corto circuiti come in questo caso. C’è la solitudine dei numeri primi e c’è la moltitudine dei nomi generici. Ed allora scatta questo tipo di comunicazione volta a specificare un fatto ovvio, una differenza trascurata se non viene esplicitata. Nel caso de Il meteo, il dettaglio importante è l’articolo il. Ecco spiegata la sua magna evidenza nel logo e il claim “Dove IL fa la differenza”. Questa comunicazione non porta valore al brand ma anzi ne sottolinea la goffaggine, diventando una voce di costo arida, che evidenzia l’autogoal.

IL METEO LOGO

 

UN NOME GENERICO NON È UNA BUONA SCELTA PER UN BRAND

È arduo costruire una personalità forte, decisa, inequivocabile a partire da un nome descrittivo.

Quando il web dientò un territorio da sfruttare, anche in Italia ci fu la corsa ai nomi generici con dominio generalista: assicurazioni.it, casa.it, immobiliare.it. Erano ambìti perché facevano balenare l’illusione ai loro proprietari di essere riconosciuti come il sito istituzionale, più autorevole e competente in quell’ambito. Chi arrivava prima si aggiudicava il dominio. Agli inseguitori con la stessa idea rimanevano i mezzucci grammaticali come un articolo, un possessivo, un pronome, una combinazione di termini altrettanto generici, oppure l’aggiunta di online. E un lungo lascito di problematiche varie, tra cui la bassa definizione e la debole tonalità emotiva del loro brand.

Poi naturalmente ci sono altre considerazione da fare: a Google e alla Seo piacciono i nomi descrittivi. Ma è un peccato scegliere un nome che deve durare almeno 20 anni, in base a cosa viene favorito oggi dai motori di ricerca. Un nome descrittivo ha una debolezza intrinseca.

 

E 3BMETEO?

Tra i nomi di servizi di previsioni del tempo che contengono il termine “meteo”, mi ha sempre incuriosito 3BMeteo. Ho appena saputo che la parte iniziale 3B che dà un minimo di distintività al nome (ma non di personalità), nasce perché il cognome di ciascuno dei 3 fondatori comincia per B: Massimo Bettinelli, Sergio Brivio e Lorenzo Badellino. Verso la fine degli anni 90 hanno creato uno dei primi servizi di previsioni che combina il lavoro delle macchine con il lavoro di professionisti. “Le nostre previsioni non sono completamente automatiche bensì gestite da un team di meteorologi che, in piena epoca di AI, valida o mette in discussione gli output della macchina. L’Italia è molto complessa dal punto di vista orografico e le “previsioni umane” performano molto bene, facilitati anche dal know how umano relativo alle varie zone geografiche della penisola”. Sul sito 3Bmeteo gli esperti sono veramente un plotone!

La foto è dell’autrice. Il logo è preso dal web.