Un nome, un messaggio. E il nome Orco il messaggio non solo lo manda in modo chiaro, ma lo rinforza anche con l’immagine: nel logo compare una bella testa di orco che non nasconde nulla. Ghigno, tratti grossolani, contrazione della fronte e delle sopracciglia, un’atmosfera famelica e malevola, non sono però niente in confronto all’immagine iniziale dell’orco presente nel logo del brand. Fu realizzata dall’illustratore francese Achille Luciano Mauzan che ispirandosi a Gustave Doré e alle sue illustrazioni per Gargantua e Pantagruel, disegna l’Orco Mangiabene che divora un maialino intinto nel vasetto di senape.
È il 1923, e insieme al personaggio e al simbolo demoniaco nasce il nome Orco, una provocazione per dare risalto al sapore forte e piccante della senape, in barba ad ogni sentimentalismo. Da allora tutti i prodotti prendono il nome Orco e per l’azienda Helvetica Spa Varese nata già nel 1911, comincia una lunga strada che arricchisce l’originaria proposta di surrogati del caffè (cicoria, orzo, malto, cereali tostati) con salse varie, dalla senape all’aioli dei giorni nostri.
Orco è un nome sfidante. Oggi potrebbe essere usato anche come nome per una app, o un oggetto di design particolare, o un sistema antifurto; in ogni caso sarebbe una scelta molto netta e sul filo della suggestione, come lo sarebbe stata la scelta del nome Cazzotto per il Bacio Perugina.
L’orco ha fatto paura a tutti quando eravamo bambini: compariva minaccioso nelle fiabe e poi si infilava nei sogni. La sua origine è lontana, probabilmente etrusca. Passa nella mitologia romano-latina come dio degli inferi e luogo stesso infernale, e da lì guadagna una fama malefica e demoniaca, che gli assicura la presenza nei bestiari medievali con tratti di semi-bestia antropofaga, violenta e terribile. Lo ritroviamo nelle fiabe e nelle leggende del nord Europa, ma la sua fama e la fissazione dei suoi tratti avviene nel XVII secolo grazie a Charles Perrault, che probabilmente ispirandosi all’uerco de “Lo cunto de li cunti” di Giambattista Basile, lo presenta come un gigante cattivo e spaventoso, che mangia gli uomini e in particolare i bambini. Barbuto, peloso, irsuto, con un ghigno malevolo e la pancia enorme, è violento ed ha spesso un bastone.
Ci volle una buona dose di ironia e di sicurezza per sceglierlo come nome di marca. Ma questa scelta ha offerto grandi vantaggi: ad inizio secolo la cultura era quella popolare e l’orco era una figura forte, nota, peculiare. L’immagine del logo aiutava ad identificare la proposta nell’Italia analfabeta di inizio ‘900 e il prodotto offriva un’esperienza di gusto preziosa per quei tempi in cui il caffè era un lusso.
Anche per chi non poteva leggerlo, il nome Orco aveva un impatto visivo forte: con il suo stampatello maiuscolo, la brevità del bisillabo, la compattezza della stessa vocale [O] all’inizio e alla fine. Nella pronuncia il nesso [RC] è massiccio e corposo, in una sintonia stretta con il personaggio. Insomma, un nome che fa centro e che nella versione moderna come indirizzo Web orco.it fa la sua scena. In più il nome Orco ha una buona spendibilità anche su molti mercati stranieri, dal momento che in francese, spagnolo e inglese i corrispettivi del termine orco si sono formati a partire dall’etimo latino orcus.
Oggi la figura dell’orco ha assunto nuovi tratti: il personaggio Shrek lo ha buonificato e ha aiutato ad arricchire il vocabolario dei bambini, che hanno integrato anche il femminile orchessa e il plurale orchi. Mica semplice per un bambino distaccarsi dalla regola base che porterebbe nel femminile ad orca che però è un altro animale, e nel plurale ad orci che sono tutt’altra cosa.