Mi è arrivata in questo giorni la notizia attraverso un articolo su Artribune di una comunicazione Ikea molto curiosa, che conferma quella che era già una certezza: Ikea è un mio competitor sul fronte del naming.

 

I GRANDIOSI NOMI IKEA

La notizia che ritengo molto buona su vari fronti, è che Ikea “offre” 800 nomi che ha individuato negli anni per i suoi prodotti, come nomi per i neonati. Questa proposta riguarda soprattutto i bambini norvegesi, protagonisti di un recente baby boom (sembra 3000 bambini in più nel 2021, con 5% di crescita positiva). Sul sito norvegese Ikea si trova un catalogo molto dettagliato, che presenta ciascun nome, il relativo il prodotto e la sua data di nascita. Ed anche lo spot è molto attraente, in perfetto stile Ikea.

 

IL TANTO AMATO CATALOGO IKEA

A questa notizia se ne accompagna una brutta (ma non è proprio una novità) e cioè che il catalogo Ikea non viene più spedito a casa; per averlo bisogna andare in un negozio Ikea.

Due eventi Ikea proprio ben pensati, che promuovono il brand e sfruttano ogni novità, idea, trovata per fare comunicazione e branding. Anche la decisione di non spedire più a domicilio il catalogo (16 milioni di cataloghi stampati in 62 lingue, si legge nell’articolo di ElleDecor) diventa un’occasione per dare evidenza al brand e alla sua personalità amicale ed empatica, come dimostra questo video.

Sfogliare un catalogo Ikea regala bei momenti, ispirazioni, desideri. Nell’articolo si parla ampiamente della genialità del catalogo, dell’idea di ambientare il mobilio, apparecchiare le tavole, contestualizzare nei minimi dettagli le proposte e il loro design. Tanto da farlo assomigliare ad un magazine moderno. Il primo catalogo è nato nel 1951, pochi anni dopo la fondazione di Ikea che risale al 1943. Con i prodotti sono nati i loro nomi, ispirandosi al mondo e alla cultura scandinava. Un’idea di Kamprad che oggi si amplia, prende una nuova forma, sfrutta in modo nuovo il capitale Ikea e porta in giro il brand e i prodotti.

 

MR IVAR, MADAME TOMELILLA

Per quanto riguarda la comunicazione, le idee promozionali, le proposte, ho una grande ammirazione per Ikea. Mi rendo conto che parlo di Ikea come se fosse una persona, una divinità, un’entità molto più ampia e multidimensionale rispetto ad un brand. Quella di spingere i nomi dei prodotti come nomi per bambini è una proposta improbabile, ma non è così peregrina. Segue la parabola di questo brand inimitabile, che pervade il quotidiano di buona parte dell’umanità. E rivela quanto Ikea e il suo mondo siano o vogliano essere il mondo delle persone come noi.

Probabilmente c’è già un ragazzino che si chiama Ivar, e ci sarà una bambina Tomelilla. E ci saranno sicuramente genitori in qualche angolo del pianeta che hanno chiamato il loro figlio Vigdis, magari anche senza lo zampino di Ikea.

Immaginandosi come potenziali nomi di persone/bambini, i nomi / prodotti (e lo stesso nome Ikea) si infilano in modo ancora più furbo nella vita quotidiana, e aiutano a parlare ancora di più di Ikea. Lungi da me però il pensiero che con un nome da prodotto Ikea ci sia il rischio di ridicolizzare o mercificare una persona. È facile però che un nome proprio identico a quello di uno scaffale o di un vaso commerciale o di una lampada famosa, possa attirare ironie e prese in giro. Ma anche a me è successo tante volte con il nome Linda!