Grande stupore ed eco per la presentazione di Surface, il tablet Microsoft: lo stupore è legato al fatto che Microsoft, come indica appunto il nome, si occupa di software mentre Surface è fuor di dubbio un hardware. Per noi lo stupore non è tanto per la mossa audace del colosso, che entra in un mercato per lui quasi inesplorato ma ad alto potenziale: lo stupore è per il nome Surface, azzeccato ed efficace anche se non proprio alla portata di tutti.
Il tablet, e Surface sembra essere ben più di un tablet ponendosi come ponte tra tablet e pc, serve per navigare, cercare in rete, surfare. Si surfa e si naviga in un gioco di equilibrio, di movimenti coordinati. E il surf, come sport acquatico e come azione “digitale” è probabilmente la prima evocazione suscitata dal nome Surface. Per chi frequenta di più la lingua inglese, Surface dice innanzitutto “superficie”. Come anche la parola italiana, deriva dal latino superficies (attraverso il francese) che combina super poi sur e facies divenuto face “faccia”. Fa così pensare a qualcosa di piatto, ad una superficie liscia, sottile, tirata, un piano. Ed è quello che vuole essere, in un mercato in cui la competizione si fa sulla marca, ma anche sui millimetri di spessore, sui grammi di peso, sui pollici dello schermo. Insomma, un nome scientifico senza essere tecnico e freddo, che rassicura senza ricorrere alle lingue classiche che spesso suonano obsolete e stantie; forse un po’ difficile da leggere e non così popolare, ma con un territorio evocativo accessibile ai più, forte e coerente con la proposta.