La storia della lampada Poldina e del suo inventore è illuminante su tanti fronti, e vale proprio la pena parlarne. Un’intervista pubblicata su ilgazzettino.it a febbraio 2023 scandisce le vicende dell’imprenditore e designer veneziano Federico de Majo, e della sua intraprendente famiglia, che lo ha guidato sulla via del vetro. Il nonno era commerciante a Rialto, e il padre negli anni 50 aprì una fabbrica di produzione di vetro per lampadari a Murano, che presto arrivò ad avere 150 dipendenti e un importante giro d’affari.
LA LAMPADA E IL CANE DI FAMIGLIA
De Majo junior muove lì i primi passi, ma poi si lancia in un’avventura che tra bicchieri e plafoniere lo porta dritto nel mondo dell’illuminazione. Nel 2001 crea un’azienda di illuminazione e tableware e la chiama Zafferano perché “è il colore della felicità”. Visionario, curioso, acuto e un po’ romantico, non poteva scegliere un nome prevedibile per la sua azienda e successivamente per quella che si è rivelata una vera fortuna, ovvero la lampada Poldina. Questa elegante e colorata lampada ricaricabile deve il suo nome al cane di famiglia: “appena ho visto la lampada realizzata mi ha fatto pensare alla nostra cagnetta Polda, presa in un canile”. Sarebbe bello vedere una foto di questo cane, e capire in cosa le due silhouette si assomigliano. Obiettivamente la lampada Poldina con il suo design semplice ed elegante e le sue performance (lunga autonomia, non ha bisogno del filo ma si ricarica sulla sua piattaforma, intensità e colore/calore della luce modulabile) non assomiglia ad un cane. L’affetto che suscita, l’affidabilità e il rigore nel portare luce in ogni angolo possibile però hanno qualcosa di canino.
CORAGGIOSA QUANTO BASTA
Il nome Poldina avvia un processo di personalizzazione e umanizzazione che apre la strada della simpatia. A questo lavora la desinenza affettuosa -ina, insieme alla scelta di un nome così inusuale come Polda, che nella mia memoria porta all’inimitabile fumetto Braccio di Ferro. Il nome Poldo è la contrazione di Leopoldo, nome maschile che deriva dal germanico Leudbald composto da leudi / leud, “popolo”, “gente” e bald “coraggioso”. Poldo quindi significa “coraggioso, ardito” e Poldina nella sua forma diminutiva non vorrà certo dire coraggiosa in modo minore.
UN PAYOFF SEMPLICE ED EFFICACE
Nata un po’ in sordina, dice de Majo, è stata presentata nel 2018 alla Fiera di Francoforte Illuminazione, ricevendo un tiepido consenso. Gli eventi legati alla pandemia e alla necessità per la ristorazione di allestire tavoli all’aperto, insieme ad un’azzeccata campagna pubblicitaria, hanno fatto il resto. Il payoff del brand in un francese che arriva al punto e nobilita la proposta, richiama il mondo dell’alta moda. “Lampes-a-porter” spiega di cosa si tratta: lampade, “da portare”, e quindi pronte per andare in giro. Le puoi spostare dove vuoi persino in giardino, o portare in bicicletta per illuminare la strada.
Poldina è un nome veramente originale e unico, e l’abbinamento con il payoff esplicativo crea un binomio forte, che rivela anche una risonanza nascosta: alcuni suoni del nome Poldina compaiono nel sostantivo lampada e nel francese lamp. Il payoff dell’azienda completa il nome e lo connota in modo ricco: il francese, la forzatura della formula pret-a-porter collegata con la moda.
IL NOME ORIGINALE DIFENDE IL PRODOTTO
Oggi Poldina è una lampada molto richiesta, e come ogni fenomeno ha generato la fioritura delle sue imitazioni. Una in particolare che sfida i più attenti, è la lampada ricaricabile Chloe in vendita in un grande magazzino per il fai-da-te. Eccoci al punto: il caso di Poldina aiuta a comprendere il valore del nome per un prodotto, che va ben oltre il compito di identificare e personalizzare. Poldina illumina alcuni aspetti critici come l’emulazione e l’imitazione: laddove il design può essere imitato, rimane spesso solo il nome a dichiarare l’originalità del prodotto. Di lampade ricaricabili ce ne potranno essere tante e molto simili, ma quella vera e originale è solo quella che si chiama Poldina. Se non si chiama Poldina, non è una lampada Poldina by Zafferano.
ATTENZIONE ALLA VOLGARIZZAZIONE
Il fatto che in Cina il termine Poldina sia diventato sinonimo di lampada ricaricabile e spostabile come si legge nell’articolo, non è un bel segno. Un nome di prodotto che viene usato per indicare una intera categoria non è mai un bel segno, perché tira verso un uso generico e non identificativo. Questo fenomeno si chiama “volgarizzazione” o genericizzazione. Ma credo che in Zafferano possano capire i rischi di questo fenomeno commerciale e linguistico, e mettersi al riparo con azioni correttive all’uso generico del nome, dove possibile.
Il vulcanico de Majo con il pallino del vetro, della luce, della sperimentazione e dello stile, ha dato vita a tante originali proposte nella sua azienda a Quinto di Treviso, dove lavorano squadre di designer. E presto si lancerà in altri ambiti, come la ristorazione.
Qui lo spot di Poldina … La luce come non l’avevi mai vista
Tutti i grandi brand hanno sempre dei “plagiatori” ma il piacere sta nel possedere l’originale e Poldina ha anche il merito di aver creato un trend che non esisteva.
È vero, e in più ora si sui tavoli all’aperto di tantissimi ristoranti… sta diventando quasi banale!