Stavo cercando nomi di imprese e di prodotti espressi in lingue inusuali e mi sono imbattuta in questo: Mi’ndujo. È un nome che mette alla prova chiunque perché è un concentrato di stranezza; però basta un secondo per essere proiettati in Calabria perché richiama immediatamente ‘nduja, che significa due cose: calabrese e piccante.

Il nome Mi’ndujo, ma anche solo ‘nduja è una sequenza di lettere che visivamente fa pensare a tutto fuorché all’italiano: l’apostrofo ci disturba, l’incipit con due consonanti ci infastidisce e la lettera J ci turba. La parola ‘nduja in realtà non è molto diversa dalla parola gianduia, ma la sua forma è proprio ostica. L’apostrofo indica la caduta di una vocale: la I oppure la A che invece si trova ben salda nell’equivalente francese andouille. Addirittura si ipotizza che il termine ‘nduja derivi dal francese andouille, insaccato giunto in Calabria al seguito del governo di Gioacchino Murat (re di Napoli, maresciallo dell’impero e cognato di Napoleone, che morì a Pizzo Calabro), dove la ‘nduja ha trovato il suo habitat naturale sposandosi con il peperoncino piccante.

La sorpresa per me è stata scoprire che questi termini derivano dal verbo latino inducere per tramite del sostantivo inductilia “cose pronte per essere introdotte”. Andouille, salam dla doja, ‘nduja, anduja, ‘ndugghia, ‘nduda e tutte le altre varianti dialettali indicano infatti degli insaccati saporiti e speziati che nascevano come recupero degli scarti del maiale, introdotti appunto in un budello.

 

LA ‘NDUJA DENTRO MI’NDUJO

La ‘nduja calabrese può avere un alto grado di piccantezza grazie al peperoncino, che difende (!) l’insaccato e non rende necessario l’uso di conservanti. È di consistenza molle e si spalma sul pane o si usa per preparare sughi saporiti per la pasta.

Anche quella di usare il nome Mi’ndujo è una scelta molto saporita e piccante. Fa Calabria! Ed era questo l’intento del fondatore quando nel 2019 decise di cambiare il nome della sua impresa di ristorazione, dal bonario Panino Genuino nato nel 2007 al più originale Mi’ndujo. Con il nuovo nome il carattere calabrese spicca deciso e viene persino accentuato dalla particella “Mi” e dalla declinazione maschile che personalizza “la” ‘nduja. A noi milanesi sensibili a quel “Mi”, fa pensare a “mi industrio, mi do da fare”, ma anche “faccio il pieno di ‘nduja”, “mi faccio di ‘nduja”.

Racconta il fondatore Marco Zicca che, dopo più di dieci anni dalla nascita dell’attività, il nome Panino Genuino “non rappresentava appieno il nostro amore per la Calabria e involontariamente ci allontanava dal nostro focus. Ci fu un periodo di forte crisi emotiva, cambiare nome ci metteva tanta paura e tutti i nomi ci sembravano assurdi, ma qualcosa andava fatta”.

 

LA STRATEGIA NOMINALE

Nel frattempo nasceva in negozio una linea di panini Mi Sciupo, Mi Sbunno, Mi Scialo e tra questi Mi’ndujo. Un po’ di coraggio ed ecco che un nome forte, caratterizzante, trascinante come Mi’ndujo diventa il nome dell’insegna.

Mi’ndujo trasmette l’amore per la propria terra, l’orgoglio delle radici, tradizioni e usi; la voglia di farsi riconoscere e apprezzare; la veracità e l’autenticità di un’impresa che vuole valorizzare il territorio, i produttori locali, gli ingredienti naturali a km 0.

Il messaggio arriva, perché non serve essere latinisti o raffinati gourmet per riconoscere nel nome Mi’ndujo una proposta calabrese; quando si dice ‘nduja (e bergamotto) si pensa a quella terra.

I panini proposti da Mi’ndujo sono scherzosamente chiamati Paninazzi Sanizzi, giusto per sottolineare la predilezione per la consonante Z da parte di Marco Zicca. Su Wikipedia si leggono indicazioni di pronuncia della J di ‘nduja: la semiconsonante J va articolata “come un’approssimante palatale sorda [j], come la I iniziale di “ieri””.