Dakota è un nome che si fa notare e si presenta in modo molto deciso: non ci sta dicendo come fanno i suoi concorrenti che il prodotto è buono (Buona Cucina), o che è fresco (Freschi&Buoni), o che è subito pronto (Pronti In Tavola). Ci sta dicendo Dakota, e sulla scia di questo nome si apre un mondo: Stati Uniti, cow boys, mandrie che si spostano in pianure incontaminate, wildness, montoni, rodeo, Klondike, corsa all’oro, Western … Un mondo di natura selvaggia, di bestie tenute all’aperto, di rudezza e genuinità. Anche un tuffo nel passato, lontano dalle tecnologie che gonfiano le carni, dai laboratori che studiano gli ormoni e le conservazioni. Dakota è un nome forte, che rimane in mente. E’ originale, anche se non è il primo a viaggiare su questi canali: Montana è una carne in scatola che esiste da decenni e che ha già sfruttato la figura del gringo e del mondo Western.
Ci si chiede però quanto questo nome e quello che porta alla luce siano coerenti con il mondo di AIA, quest’ultimo un nome che a noi italiani può evocare un’esclamazione di dolore (Ahia!!!!), ma che è fedele alla vita contadina fatta di aie e di cascine, anche se nasce come un acrostico ovvero una parola-sigla: Agricola Italiana Alimentari.
Un nome di prodotto è di valore se oltre al mondo che evoca si inserisce proficuamente nel territorio della marca, e se dialoga bene con gli altri nomi della marca (quelli di Aia sono Wudi, Carnealfuoco, Buongust’Aia, BonRoll) senza fare da protagonista o da servo muto. Il nuovo nome Dakota spicca un po’ troppo rispetto ai suoi “parenti” e ci parla della marca AIA in toni che risultano poco coerenti. Anche visto sulla confezione il nome Dakota finisce per perdere la sua ricchezza e si diluisce in una comunicazione povera e che non lo sostiene in modo opportuno; neanche l’assonanza (omoteleuto, stessa sillaba finale -TA) del pay off “Dakota. E mangiata” cambia il suo destino.
Per riassumere Dakota è un nome originale: si impone ed evoca un mondo che però non è quello della marca per come ci si è presentata fino ad ora. Se AIA vuole inaugurare un linguaggio nuovo e più evocativo, allora deve introdurre dei veri cambiamenti nel suo modo di porsi.