“#hhsdjh nasce da un errore, da un’azione umana involontaria, che ha dato vita a un’esperienza che merita attenzione” dicono i responsabile del team social media italiano. E con il suo hashtag compare un po’ ovunque ed entrerà nei casi di successo di questa strana età digitale, dove anche un errore o un nonsenso genera contenuto, approvazione, fidelizzazione, e forse vendite. Intanto in quattro e quattr’otto è nata una versione speciale della borsa blu Ikea che si chiama da sempre Frakta lo ho scoperto proprio in questa occasione, e che manco a dirlo, è andata a ruba e in esaurimento dopo poche ore. La Frakta hhsdjh.

DOVE CI PORTA HHSDJH

Che dire: innanzi tutto cosa ho pensato vedendo quella strana combinazione di lettere. Quando siamo di fronte ad un’espressione linguistica o un nome di prodotto che non ha significato, il nostro cervello logico ne cerca immediatamente uno e approda alle parole più somiglianti. È un meccanismo naturale, i nostri neuroni vanno in automatico e associano alle cose note più vicine. I miei neuroni mi hanno portato vicino alla parola Yiddish, che ha in comune con hhsdjh le lettere S-H-D e se vogliamo assimilare la I e la lettera J, ci mettiamo anche quella. Ma la sequenza è totalmente diversa e hhsdjh è un costrutto impronunciabile che sfugge a qualsiasi definizione grammaticale: non è propriamente un monosillabo, anche se la J può essere considerata una vocale, troppe consonanti e 3 di queste non sono neanche sonorizzabili. Ad ogni modo per noi occidentali è impronunciabile, inarticolabile, inconcepibile. Magari esiste qualche idioma in cui può risultare quasi normale, ma dubito; troppe H, direi. Con un occhio analitico (i suddetti neuroni logici) ci si può trovare dentro anche DJ e una imitazione di SDI, l’incubo nuovo di zecca della fatturazione elettronica.

IKEA E IL NAMING

L’associazione agli strani nomi scelti da Ikea per i suoi pezzi di arredo sorge spontanea, e sui social i riferimenti ai nomi bizzarri Ikea sono stati molti. D’altronde il rapporto di Ikea con il naming è variabile e stimolante: a partire dalla sigla IKEA che condensa con le 4 iniziali una grande visione, ego riferita ma congrua. Sui nomi dei prodotti aggiungo solo che lo sforzo di dare un nome ad ogni prodotto (e non oso pensare quanti siano e quanti se ne siano succeduti nei decenni) merita complimenti di default. Sarebbe meglio avere un codice? Quante volte abbiamo parlato dell’Ivar della Tomelilla come fossero amici nostri. E in più questi nomi devono andare bene su una quantità enorme di mercati, quindi nazioni, quindi lingue, quindi persone di ogni estrazione sociale.

Furbi quelli del team social media Ikea a lasciare andare le lettere impazzite in giro per l’etere via Facebook, assumersi la responsabilità dell’errore dichiarandolo, e raccoglierne i benefici in termini di visibilità, viralità, comunicazione massiva e gratuita. Credo che vedremo la formuletta magica hhsdjh ancora per un po’ e non oso immaginare in che luoghi e occasioni.