Bmw ha recentemente adottato una strategia nominale molto interessante per il settore automotive e per il branding in generale: si presenta in due modi diversi. Da una parte c’è la nota sigla BMW e il logo classico dell’elica nei colori bianco argento e azzurro; da un’altra parte, che vuol dire per i modelli top di gamma come Serie 7, Serie 8, ibrida i8 e il suv X7, compare la scritta estesa Bayerische Motoren Werke “Fabbrica di Motori Bavarese” e il logo circolare in bianco e nero.
Quello di proporre il nome per esteso “aprendo” una sigla molto sedimentata, è un comportamento molto sfidante per il brand, ed è in controtendenza rispetto ad altri stili di branding per cui i brand name tendono alla compattezza e asciugano lettere, sillabe ed espressioni verbali, e a volte si trasformano in sigle.
Questa scelta, che è stata annunciata alla fine del 2017 e che si vede ora in comunicazione, è così giustificata dal senior vice presidente di BMW Hildegard Wortmann: “abbiamo una storia lunga 100 anni e pensiamo che sia qualcosa che dobbiamo usare. Questa nuova identità visiva è più coinvolgente, più emotiva”. È assolutamente vero che una sigla è meno personalizzante e umana rispetto ad un nome esteso che usa termini completi e significativi. Nel caso di Bayerische Motoren Werke la dicitura è tecnica e descrittiva e non proprio emotiva, ma è la scelta di ricorrere ad un linguaggio “leggibile” che è distintiva e di valore. È un richiamo all’origine, alla tradizione, al luogo, alla lingua, ed è come sottolineare la storia e la provenienza. Che questo onore spetti oggi solo ai modelli premium è forse discutibile. La convivenza dei due nomi e loghi non è da trascurare: è come se ci fossero due anime, e una è più prestigiosa. Nella pratica e nel linguaggio naturalmente anche per i modelli Serie 7 e Serie 8 continuerà ad essere usata la sigla, più agile e d’abitudine. Ma il messaggio rimane forte: il top di gamma merita un trattamento diverso.
È curioso che BMW abbia usato la versione con la scritta estesa nei primi anni del secolo scorso quando era nata da poco: prima e al di là di ogni strategia di marketing e branding, era naturale scegliere un nome semplice descrittivo e poco ambizioso. La caratterizzazione era data dal riferimento geografico, e tutto era nell’ottica della funzionalità. Quindi a maggior ragione si tratta di un ritorno valorizzante alle origini, anche se il nome per esteso sarà usato solamente in comunicazione e non modificherà l’immagine coordinata del brand.
La data di nascita ufficiale a Monaco di Baviera di Bayerische Motoren Werke GmbH è il 21 luglio 1917. L’emblema originario era costituito da un campo circolare nero contenente la concentrica rappresentazione dei colori nazionali bavaresi bianco, azzurro e oro, poi l’argento ha sostituito il colore oro.
Il settore auto è popolato da marchi come appunto BMW che, per storia, tradizione, tecnologia, immaginario, vengono percepiti come sinonimo di qualità, prestazioni, potenza, eleganza, ecc.
Questi marchi non hanno bisogno di “rinforzi” particolari, spesso si reggono da soli e possono permettersi strategie di brand che altri non potrebbero percorrere.
In questo caso specifico lo storico marchio cambia dimensione (effetto 3D) ed evolve sulle gamme “top” elevando a nuovo status auto e proprietari ma lasciandone molti altri al piano inferiore.
Come la prenderanno i clienti con il logo “classico”?
Si sentiranno clienti di serie B o saranno spinti dal desiderio di conquistare il nuovo status?
Ai miei occhi quel “descrittivo e roboante” ritorno al passato assume, a tutti gli effetti, le sembianze di una vera e propria FIRMA, firma che potrebbe elevare ulteriormente lo status del prodotto come avviene in altri settori (es. Armani).
La firma potrebbe tranquillamente trovare spazio all’interno del logo circolare piuttosto che su qualche parte “anatomica” dell’auto.
—
In alcuni casi il “rinforzo” risulta davvero indispensabile…
Sfoglio un quotidiano locale, una pagina attira la mia attenzione:
– a centro pagina l’immagine di un noto-storico modello di auto (ristilizzato tempo fa);
– in basso a destra l’inconfondibile marchio di una nota casa automobilistica;
– in alto a destra una scritta in evidenza: “120 anni di vibrazioni positive”.
In un primo istante quella scritta mi attrae ma quel “120 anni di vibrazioni…” mi colpisce negativamente, soprattutto perché legato a “quel” determinato marchio, un marchio spesso dileggiato anche senza reale motivo.
Qualche istante dopo completo mentalmente il messaggio e percepisco l’effetto sinestesico di quel “positive” che integra, rinforza e ribalta il concetto precedente.
Sorrido e mi dico: “massì, questa precisazione è davvero efficace”.
Però… però… però…
Rileggo, riavvolgo e riformulo il tutto con la velocità di una moviola e lo scenario cambia.
L’effetto sinestesico svanisce lasciando spazio ad una strana convinzione: altri marchi e altre auto, in particolar modo se sportive, avrebbero potuto tranquillamente sostenere quella frase anche senza il rinforzo “positive”.