Il cliente generico chiede sempre di più nomi corti, due sillabe, anzi meglio una sola … Così il nome si ricorda, va bene su internet, non si fanno errori a digitarlo. E poi immancabilmente arriva Massimo Troisi a benedire la richiesta con il suo sketch su Ugo e Massimiliano, quest’ultimo poverino danneggiato proprio per il nome lungo, e chissà quante volte morto sotto una macchina perché non hanno fatto in tempo a gridare il suo nome fino alla fine. Per inciso vorrei sapere quanti Massimiliano non si facciano chiamare Max, con buona pace di Troisi.
E invece Monari Federzoni fa della lunghezza il suo valore più forte, e lo trasferisce come concept alla campagna di comunicazione, che lo declina nei messaggi e nei media con un effetto accattivante. E’ tutto molto semplice: si parte dalla lunghezza del nome Mo-na-ri-Fe-der-zo-ni (cui si può aggiungere l’A-ce-to-Bal-sa-mi-co-di-Mo-de-na) presentato così: “un nome lungo, come la sua storia”. L’accento sulla lunghezza del nome diventa ponte per un immediato e fiero passaggio alla storicità dell’azienda e del brand, e quindi occasione simpatica per parlare seriamente di storia lunga, tradizione, autenticità, originarietà, cultura.
Il tono è familiare, bonario, gradevole. E la campagna
diventa memorabile grazie alle icone e leggende illustrate: il cane bassotto, la tromba, Amaranta la telenovela infinita, il salto in lungo, e la più simpatica, la raccolta dei 357.000 fascicoli per il jumbo jet in scala 1:1 con in omaggio la richiesta di aspettativa e una nuova vita. Ridondante ma efficace.
Insomma, la lunghezza come cifra del fare bene, da sempre. Quindi la lunghezza del nome, anch’essa come asset, arricchita e colorata dai temi della tradizione, del centenario di questa azienda familiare fondata nel 1912, prima ad imbottigliare l’aceto, pioniera nel conquistare i palati americani, e focalizzata su una proposta unica ma articolata: aceto e glasse. Quindi la consapevolezza e l’orgoglio di avere un nome lungo e importante.
SULL’ORIGINE DEL NOME E DELLE SUE RADICI
Quello che chiamo nome di marca è in questo caso un cognome, anzi un doppio cognome: Monari come Munari, Molinari, Muner, Muneratti … è un cognome che deriva dal mestiere di molinaro, quindi il proprietario o gestore di un mulino. Federzoni deriva invece dal nome Federico, diffuso in Italia dal XII secolo a seguito delle invasioni tedesche, come Friedrich/Frithurik che significa signore/principe rikia, della pace frithu/friede.
IGP è un marchio d’origine attribuito dall’Unione Europea; significa Indicazione Geografica Protetta, ed è concesso a tutti i prodotti per i quali una caratteristica rilevante è legata ad una zona geografica specifica, in cui avviene almeno una fase del processo di produzione. Si distingue dalla DOP Denominazione di Origine Protetta rilasciata a prodotti per i quali tutto il processo di produzione, trasformazione ed elaborazione avviene in un’area geografica determinata.
Forse non facile da pronunciare all’estero, Monari Federzoni è l’opposto di un nome originale, semantico, studiato con strategia, ricerche, creatività, verifiche. Tutte fantasie che neanche esistevano all’inizio del secolo scorso, quando la cosa più normale, auto evidente, lapalissiana, era usare il proprio cognome per qualsiasi attività commerciale.