Esiste e si dà da fare da tanti anni, ma in molti lo stanno notando da poco e non per l’efficacia del nome. Si chiama Casa Tua, con sottotitolo “Arredo Italiano”. Una scelta schietta per dire che “da noi” trovi oggetti di arredo fatti in Italia (e non è poco). Ma il nome crea qualche problema nella sua funzione di nome e di elemento del linguaggio. “Da noi Casa Tua, qui a Casa Tua. Se vieni a Casa Tua … trovi oggetti di arredo fatti in Italia”. Con perplessità ci si chiede: a casa di chi, dove, come si chiama questo posto? Si tratta di un’insegna, ma quale è il nome?

 

Il messaggio in realtà sarebbe semplice: è come essere a casa tua, è ideale per casa tua, ci arredi casa tua. E quel “tua” si giustifica perché intende dire che è come tu la vuoi, e ci trovi quello che desideri. Ma la declinazione di questi sensi nel nome Casa Tua non è efficace. Anzi, crea degli inciampi che non rendono questo nome simpatico e amichevole. In più lo banalizzano e lo penalizzano, facendolo diventare quasi trasparente.

 

Di nuovo: il messaggio ha un intento positivo ma poteva essere espresso in modo più personalizzato, e aderire meglio alla proposta. Ad esempio, la naturalezza e familiarità che il nome vuole trasportare poteva essere trasferita al payoff, scegliendo per il brand un nome più forte e magnetico. Il payoff, quella frasetta sotto il nome, avrebbe quindi potuto veicolare il messaggio di essere a “casa tua” in modo ricco ed efficace, integrandosi con il tema “arredo italiano”. Ci sarebbero vari modi per creare una comunicazione con più impatto e memorabilità, lontana dalla sensazione di povertà che invece un nome troppo semplice ma ambiguo (informale? ammiccante?) lascia.