Che sia di origine giapponese oramai lo sanno anche i muri. Che apra tra pochi giorni a Milano (settembre 2019) prima città italiana toccata, lo sanno in molti. Che il midollo sia internazionale ce lo dice invece il suo nome, poco giapponese e molto occidentale. Il nome Uniqlo nasce infatti dal matrimonio di due parole di base del dizionario inglese: Unique e Clothing. Il nome al completo era in realtà Unique Clothing Warehouse, scelto nel 1984 quando nacque il primo negozio nel distretto di Hiroshima.
Da Uniclo ad Uniqlo
Il brand visse i suoi primi anni in Giappone nella forma semplificata Uniclo con la lettera C nell’ultima sillaba. Quando si volle registrare il marchio anche su altri mercati stranieri, sembra che sia stato proprio un errore nella crasi a dare spazio a quella strana lettera Q. Nel 1988 nel registro marchi di Hong Gong al posto di Uniclo venne infatti depositato il marchio Uniqlo. Questa nuova forma del nome piacque, e anche in Giappone il nome e il marchio vennero trasformati in Uniqlo. Possiamo immaginare la scarsa dimestichezza dei giapponesi negli anni 80 con l’inglese e con la Q, lettera che è ostica anche a molti italiani. La sequenza di consonanti Q-L piuttosto bizzarra per gli occidentali, forse lo è meno per i giapponesi che la considerano come una successione di due consonanti qualsiasi, quindi da inframezzare con una vocale. La pronuncia giapponese è infatti [jɯɲikɯɾo], con la C dura che viene seguita da un suono simile alla U, e la L che diventa un suono più vicino alla R.
Il nome Uniqlo parte quindi con un piglio occidentale. Questo successe anche con il suo genitore, il brand Men’s Shop OS fondato nel 1949 e gestito da mister Ogori Shōji, lo stesso imprenditore che nel 1984 diede vita a Unique Clothing Warehouse. Nel 1991 Men’s Shop OS cambiò nome e divenne Fast Retailing, tutt’ora nome della società che gestisce Uniqlo ed altri brand nel campo dell’abbigliamento. (fonte Wikipedia).
Una vocazione internazionale
È interessante la strategia di naming alla base del brand Uniqlo fondata sulla lingua inglese, molto diversa da quella incarnata per esempio da un altro brand giapponese come Muji. Cosa avrà significato negli anni ’80 (e prima ancora negli anni 50 con Men’s Shop OS) dare un nome dal suono inglese ad un brand che oggi fa della sua origine giapponese uno stile di vita? Aspirazione, fascino del mondo occidentale, emulazione, affermazione contorta. Il messaggio del nome Uniqlo è più immediato per noi occidentali a cui suggerisce molti valori: unico, unicità, univoco, unisex, esclusivo. E quella lettera Q che rompe i canoni e si infila (casualmente ma poi scientemente) nel brand e nel messaggio? Per noi italiani è molto forte, spiazzante, originale.
Il brand scandisce alcuni filoni: semplicità, qualità, tecnologia, innovazione, design, minimalismo, monocromia, classico, comfort, prezzo accessibile. La campagna di lancio si intitola Today’s Classic e si struttura sul concetto di stile classico nel vestire, declinando voci e gusti più o meno illustri. Niente di nuovo ma grande scoop; anche il fatto che il primo store italiano abbia sede di fronte a Starbucks (!) in piazza Cordusio che significa cor Ducis cuore del capo/re, nel cuore della città. Una piazza che ha perso la sua filigrana locale per diventare piazza globale. Benito Mussolini (il dux) che aborriva i nomi stranieri e voleva italianizzare tutto, di sicuro si rivolta sotto terra mentre Uniqlo mitizza il “suo cachemire” e il suo stile, esaltando le sue solide origini giapponesi. Vedremo autori di manga esprimersi sulle magliette, e tanti milanesi in coda per celebrare il nuovo evento metropolitano previsto per il 13 settembre 2019.
Da Uniqlo nasce Uniqlock
Fino al 2017 sul sito del brand c’è stata l’applicazione Uniqlock. Questo neologismo simpatico e furbo identificava un orologio digitale che per cinque secondi mostrava l’ora e per cinque secondi dava spazio a mini-coreografie con ballerine. Sul sito italiano ora ci sono inviti di tutti i tipi a mettersi in coda ed essere i primi ad avere regali in edizioni limitate e altri premi. Il modello giapponese ha fatto un bel matrimonio con l’imprenditorialità nostrana.