Popolarissimo, facilissimo, economicissimo, persino gratis nella versione base. È Zoom. È sia maschile che femminile perché è un sistema, un software, ma anche una app e una piattaforma. Consente di fare moltissime cose, in particolare videochiamate, videoconferenze, seminari, lezioni; yoga, ginnastica, biblioterapia, persino degustazioni e aperitivi social. Ma soprattutto consente di vedersi: negli occhi, da vicino, nel proprio ambiente. E aiuta a condividere, salvando l’equilibrio mentale e fisico di molte persone (cfr. quarantena per Coronavirus). Il nome non insiste su questi aspetti di incontro e interazione, ma ne valorizza altri. Del resto Zoom non è nato per farci incontrare virtualmente e tamponare l’impossibilità di un contatto più franco. Era stato studiato come strumento per le aziende; ora lo usano anche i bambini, sperabilmente per la didattica scolastica.

Zoom ci circonda: noi siamo su Zoom ma Zoom è un po’ in noi. Di sicuro ci segue ovunque, sul cellulare, sul computer; ci insegue con i suoi tentacolari link, ed è frequente che si accavallino più sessioni Zoom.

 

UN NOME FACILE

Il segreto del suo successo pervasivo: la facilità e la gratuità. Ma anche il nome Zoom ha lavorato bene ed ha favorito questo successo. Zoom è una parola che impariamo da bambini, trovandola nei fumetti, nei libri per ragazzi. È un termine inglese, ed è una onomatopea: nasce imitando un suono, e il suono è quello del rombo. Zoom oltre che di rumore, parla anche di velocità, di scatto, di azione repentina. In inglese ed anche in italiano è sia sostantivo che verbo. Quest’ultimo da noi gode di tante versioni: zummare, zoomare, zumare. L’oggetto è lo zoom, che in origine era una funzione degli obiettivi fotografici, ed ora è l’obiettivo stesso: lo zoom. E grazie a questa funzione oggi la parola zoom acquisisce anche il senso dell’avvicinamento, della visione ravvicinata: fare uno zoom significa avvicinarsi con l’obiettivo, e indirettamente ingrandire, ampliare, espandere.

La parola zoom viene rintracciata nella lingua inglese già a fine ‘800, e ora la troviamo al centro del nostro mondo. Al di là della piattaforma ci sono intorno a noi tanti prodotti e servizi che hanno Zoom come nome. Giusto per disporre di un dato certo, in Europa ci sono 935 marchi registrati che contengono Zoom nel loro nome: reti televisive, borse, scarpe, linee sportive, mascara, carta per stampante, giochi di società. In Italia i marchi sono solo 29. Zoom è una parola piuttosto inflazionata nel naming, e non stupisce. Con un’unica sillaba, facile da pronunicare in tantissime lingue [zum], lancia molteplici messaggi: dinamismo, facilità, accessibilità, forza, potenza, energia.

 

FONOSIMBOLISMO E ICONISMO

La [Z] è una consonante molto particolare: viene accomunata alle fricative dentali con un effetto speciale “l’aria viene espulsa in forma esplosiva e la lingua si abbassa velocemente” scriveva lo studioso di linguistica Fernando Dogana. Nella pronuncia [ZU] è forte, potente, esplosiva appunto. La doppia [O] che diventa [U] chiude in modo reciso, e la [M] smorza e prolunga più sinuosamente l’effetto.

Se poi ci soffermiamo sugli aspetti visivi la [Z] impera. Nel logo della piattaforma ha gli angoli addolciti, e il taglio obliquo dei due tratti orizzontali suggerisce leggerezza e movimento, come se la lettera fosse tirata nelle due opposte direzioni. Combinata con le due [O] e la [M] tutte minuscole, la sensazione è di plasticità, corposità e morbidezza. La rappresentazione grafica del nome Zoom dà una sensazione di stabilità e movimento insieme.

 

ALFABETO

Perché è l’ultima lettera dell’alfabeto? Perché nata nella notte dei tempi a partire dal segno fenicio chiamato zayin, si era persa per strada. Fu estromessa dall’alfabeto latino nel IV sec. a.C. a vantaggio della [G] sua sostituta nel settimo posto. Fu poi riabilitata e riammessa nel latino moderno, ma essendo il suo posto occupato, si dovette mettere in coda.

Zayin, il segno da cui si originò la forma e il suono della [Z], rappresenta una situazione di conflitto, di guerra, di fronteggiarsi tra eserciti. Zorro ne sa qualcosa!

È indubbio che nel suono e nella forma visiva della [Z] siano rimasti incisi tanti sensi: la forza, la potenza, ma anche la violenza, la durezza. La parola zoom ne eredita vari, e il nome Zoom li declina in un gioco di sensi che danno vivacità e agilità. Il logo blu chiaro quasi azzurro è distensivo e molto gradevole, e la videocamera stilizzata rinforza la valenza di entertainment, togliendo lo strumento da una dimensione solo tecnica e professionale.

Lo zoom strumento fotografico arricchisce le valenze comunicative del nome della piattaforma, e le incarna nell’uso social che ne stiamo facendo (più che nell’uso business): Zoom ci avvicina, ci regala la vicinanza e ci offre un contatto più stretto.