È oggi il venerdì nero di Toys R Us. A 70 anni dalla creazione, il colosso americano del giocattolo nato nel 1948 con il boom economico, è costretto a chiudere i punti vendita americani. Il successo della vendita on line e il contesto generale di crisi hanno dato il colpo di grazia. Non se la passano bene neanche i negozi degli altri paesi, e sembra che solo in Asia le vendite siano in salita. La chiusura segue la dichiarazione di fallimento dell’autunno 2017, un tentativo di rilancio grazie ad un prestito miliardario, vendite al di sotto delle aspettative durante le vacanze di Natale 2017 e la definitiva rassegnazione già annunciata a marzo di quest’anno, operativa oggi 29 giugno 2018.
Il nome Toys R Us è arrivato nel 1957, una decina di anni dopo la nascita dei negozi; quello iniziale Children’s Supermarket era più semplice e figlio della sua epoca. Quando anche l’offerta si spostò dai mobili per bambini ai giocattoli, il proprietario decise di dare rilevanza al nuovo business anche nel nome e dal termine toys creò il nome Toys R Us. Il significato “I giochi siamo noi” è accattivante e giocoso e grazie ad un logo ricco e colorato diventa ancora più vivace e dinamico. Nel logo la lettera R viene girata, e questo aumenta l’entropia, la baldoria e la difficoltà di lettura e decodifica per un pubblico non anglofono.
Da noi in Italia l’esercizio di pronuncia del nome fu piuttosto arduo e appunto complicato dalla grafica del logo che rendeva difficile il riconoscimento della R e ancor più del verbo “essere = are” sotteso nella pronuncia della R. La catena entrò in Italia nel 1996, ma il nome Toys R Us ebbe una vita breve. L’arrivo di Toys R Us in Italia e l’apertura di molti negozi creò infatti un clima di tensione tra i distributori locali di giocattoli e GIG decise di acquistare tutti i negozi Toys R Us aperti in Italia, un investimento di 70 miliardi di lire che portò GIG al fallimento. Si fece allora avanti Giochi Preziosi che rilevò GIG e ribattezzò i negozi Toys R Us con il nome Toys Center. Una decisione oculata, che diede segno di un nuovo capitolo per i punti vendita già creati, e semplificò la vita (un po’ esagerato ma almeno la pronuncia, quella sì fu facilitata) di molte famiglie e bambini. La parola toys rimase nel nome e si radicò nel linguaggio e il nome Toys Center fu molto “di comfort”: generico, diretto, descrittivo, senza grandi ambizioni di personalità e carattere.
Più fortunata l’espressione Giochi Preziosi che nasce dall’avvicinamento del termine generico giochi e del cognome dell’imprenditore Enrico Preziosi. Con il naming Giochi Preziosi si può dire che abbiano “giocato in casa”, disponendo di un cognome per nulla neutro.