MBT è una sigla, quindi bisogna pronunciare le lettere una ad una e in italiano suona così: “emme-bi-tì”. Con alcune sigle dalla pronuncia può nascere un gioco, come per NRG che si legge energy. Nel caso di MBT non succede nulla. Di senso però in questo nome-sigla di tre lettere ce ne è molto, peccato che rimanga celato proprio a causa della sigla.
MBT vuol dire Masai Barefoot Technology. La forza del nome sta nel termine Masai, una popolazione del Kenya, e in Barefoot che significa “a piedi nudi, scalzo”. Il termine Technology dà al nome quell’alone di scientificità e ricerca che le due parole precedenti non hanno. Dentro la sigla MBT troviamo quindi questo concetto: la tecnologia dell’andare a piedi nudi tipico dei masai.
Mi appoggio ad una parola oggi molto di moda che si riferisce ad una pratica in funzione da sempre: lo storytelling. Nel nome MBT è contenuta (anzi, purtroppo è nascosta) la storia affascinante di questo prodotto, uno storytelling eccezionale. L’ingegnere svizzero Karl Müller, dopo approfonditi studi sulla biomeccanica e la fisiologia per risolvere i suoi problemi di schiena, si accorse che camminando scalzo riusciva ad alleviare i dolori. Sulla scia di questo condusse altri studi sulla tribù dei masai, uomini che nonostante la loro altezza e struttura longilinea non hanno problemi di postura, mal di schiena o dolori alle articolazioni. Comprese che camminando scalzi su superfici naturali e soffici, si attiva anche quella parte di muscolatura del polpaccio, della gamba e dei glutei, normalmente non coinvolta camminando su terreni duri e piatti. E si consumano persino più calorie. Dal momento che era difficile pensare di camminare scalzi nelle città e società occidentali, Müller sviluppò una calzatura che potesse ricreare l’instabilità tipica del camminare su terreni naturali. Nel 1996 realizzò il primo prototipo di scarpe “Masai step” e due anni dopo fondò la sua azienda Swiss Masai.
L’innovazione è proprio spettacolare, ma il nome lo è molto meno e non crea una risonanza adeguata. Le scarpe con una suola speciale molto spessa e complessa, che basculano e che fanno dell’instabilità il punto di forza, hanno un nome di tre lettere criptico se non viene “disvelato”.
Con gli anni e la ricerca su scarpe, gravità e postura, l’azienda riesce a ridurre lo spessore della suola e a migliorare il design dei modelli di calzatura. Le scarpe MBT conquistano una portata internazionale e un favore tale che l’azienda deve dotarsi di speciali misure per proteggersi dalle imitazioni. Anche il tono della comunicazione e il wording della marca diventano decisi e chiari: le scarpe sono presentate come le Anti-shoes. Il payoff è efficace e giocato al negativo mentre valorizza i concetti di instabilità, movimento dinamico e benefico: “È impossibile non muoversi”.
Peccato aver puntato molto su una sigla come MBT quando la sola parola Masai è così ricca di messaggi. Si tratta di una parola evocativa, fascinosa, piuttosto nota, con un racconto dentro che avrebbe aiutato a colorare il brand di toni ancora più forti. Gli uomini Masai sono sorprendenti per l’aspetto e per le loro danze: da fermi spiccano salti in verticale che raggiungono anche due metri di altezza, e la bellezza e la potenza del salto è motivo di vanto. Queste performance nelle tribù più tradizionali sono fondamentali per emergere (appunto!) e per conquistare la partner, oltre che il rispetto dei compagni.
Io calzo le embi ti da sempre, cioè da quando arrivarono in Italia. La titolare del negozio di LUCCA mi regalò il CD dal quale ho appreso le caratteristiche tecniche ed il modo di calzarle: Da allora non vado più ” gobbo” perchè non ho più i dolori alla colonna vertebrale che mi costringevano ad una “postura errata”. da allora non calzo più scarpe cosiddette normali , mi trovo a mio agio solo con le embiti sia invernali che estive e dico GRAZIE all’ingegnere svizzero che le ha ideate.
Anche io le uso, ma saltuariamente; ne ho solo due paia. Non ho sposato la filosofia, ma apprezzo la ricerca e i presupposti.