Folletto è il nome italiano di una scopa elettrica molto nota; meno nota è la sua storia, che offre tanti spunti di riflessione sul valore dei nomi e sui circoli virtuosi linguistici, spesso casuali.
Partiamo dal cognome dei due fratelli che nel 1883 hanno creato a Wuppertal l’azienda che in futuro avrebbe portato in otre 60 paesi la mitica (e scopriremo anche mitologica) scopa elettrica: Vorwerk. Un bisillabo prettamente sassone, che ha al suo interno un riferimento al “lavorare”: vor è una particella, mentre werk compare nei nomi composti indicando “lavoro, azienda”. Inizialmente Vorwerk produceva tappeti e poi grammofoni; con la crisi economica del 1929 e l’avvento della radio, le acque si fecero proprio cattive.
Un insight magnifico fece cambiare direzione giusto in tempo: tra tutti quei motori per grammofoni ormai inutilizzabili un ingegnere inventore della Vorwerk ne prese uno e lo adattò ad una scopa di legno. Ne nacque una scopa elettrica che fu prontamente definita da una segretaria lì presente un kobold. Nell’entusiasmo generale il nome Kobold modello 30 divenne il nome del nuovo prodotto, brevettato il 30 maggio 1930. L’Italia fu uno dei primi paesi di esportazione, e quando nel 1938 la scopa elettrica Kobold passò le Alpi, trovò un terreno piuttosto ostile ai nomi stranieri e niente fu più facile che trovare l’equivalente italiano: Folletto.
Sia Kobold che Folletto sono nomi molto fantasiosi e originali per una scopa elettrica, soprattutto a quei tempi in cui imperavano sigle e nomi tecnici. Lode alla visionarietà dei manager di allora che non ebbero timore ad attingere al folklore. Tra i coboldi ce ne è uno molto simile ad uno gnomo che infesta le miniere ostacolando il lavoro dei minatori. Sembra che sia da questo che prende nome il cobalto, un metallo noto per essere velenoso e inquinante. Ma c’è anche un altro tipo di coboldo, noto in tedesco come Heinzelmännchen, che compare anche nelle fiabe dei fratelli Grimm: è una sorta di elfo domestico che si occupa delle faccende di casa, ma spesso in modo dispettoso. Un esempio particolare di questo genere di coboldo è un personaggio noto con il nome di Hinzelmann, e che costituisce la versione tedesca dell’anglosassone Robin Goodfellow, un folletto che aiutava le massaie nel lavori domestici: spazzava le case e puliva gli angoli in cambio di panna e latte. Il passo da quest’ultimo a Robin Hood è molto breve (fonte Wikipedia). Quindi la fantasiosa segretaria oltre all’aspetto della buffa scopa originaria, ha attinto anche alla cultura tedesca, ed è nato un bel nome suggestivo.
E’ molto saporito anche l’etimo del termine folletto: come l’aggettivo folle, ha un’origine onomatopeica e si rifà al “mantice, sacco di pelle” che fa un suono/soffio in effe. Per metafora venne a significare anche “testa vuota” e quindi “senza senno, bizzarro, sconsiderato, pazzerello. Da qui si arrivò al folletto.
Oggi in Italia il nome di marca Folletto è usato spesso anche per indicare l’azienda: i venditori dicono “sono della Folletto” utilizzando una sineddoche: nominano la parte (il prodotto Folletto) per indicare il tutto (l’azienda Vorwerk). Tra l’altro il Folletto in Italia si vende ancora con successo con la modalità porta a porta, alla faccia dell’e-commerce.