Tra pochi giorni ci sarà il lancio di Derev, una piattaforma web che favorisce la partecipazione, la condivisione di informazioni ed idee in un’ottica di democrazia partecipativa. Su Derev si può presentare un proprio programma o progetto, raccogliere e discutere idee, cercare sostenitori, finanziamenti, solidarietà. Il concetto di democrazia partecipativa e i suoi strumenti digitali sembra si stiano diffondendo a pieno ritmo in Europa ed anche in Italia. Ma veniamo al nome: Derev è un bisillabo che sembra senza significato, ma basta guardare il sito cui fa riferimento per svelare l’arcano: de revolutione. Derev è infatti diminutivo della forma latina composta dalla particella de unita al caso ablativo singolare che significa “sulla rivoluzione”, “argomentare circa la rivoluzione”. Il riferimento è molto audace: il nome per esteso può infatti dire che con questo strumento si possono fare rivoluzioni, come può anche suggerire che sul sito c’è tutto quanto bisogna sapere sul concetto di rivoluzione, “per trasformare le tue migliori idee in rivoluzione, allo scopo di migliorare concretamente il mondo in cui viviamo”. Il tema comunque lo si prenda è la rivoluzione, una parola che ha il sapore della sfida, della rottura, della battaglia, dell’insorgere contro qualcosa che non va più bene. Fare e produrre rivoluzione, trasformare drasticamente quello che non va, è proprio l’intento dell’autore di questa piattaforma, il giovanissimo Roberto Esposito, blogger, autore di startup, innovatore, guerriero del web: si parla di lui come di un ragazzo prodigio, e di Derev come della “start up campana”.

Secondo quanto il nome promette – un po’ meno il suo diminutivo Derev, che vince però la corsa della facilità di digitazione e di ricordo spontaneo – sentiremo parlare di rivoluzioni; la scelta del complemento di argomento (de + ablativo, come per l’opera De Vulgari Eloquentia di Dante) porta in quella direzione. E ci si augura anche che ne vedremo, di rivoluzioni.