Weople è un nome geniale se: l’attività che lo “porta” mette le persone al centro, è fatta con le persone e per le persone; se le difende, le tutela, le alimenta, le stimola, le valorizza, le favorisce e le / ci considera tutti nella stessa barca, tutti a collaborare insieme.

Unica pecca ma risolvibile, la sospensione che si attraversa la prima volta che si vede il nome: non per tutti è immediata la pronuncia wipol perché non subito si capisce la matrice people alla base, e che il nome è la somma dei due termini we e people, e non si sa come trattare quella vocale “o”. Ma quando il cerchio si quadra, il nome diventa forte denso concentrato e assolutamente umano e ispirante.

E pensare che stiamo parlano di una app; ma è una app speciale perché aiuta le persone a trarre profitto dai propri dati personali. Quindi ha a che fare con le persone people, le informazioni personali, la proprietà personale. L’identificazione e la massa critica we fatta dalle persone entrano a pieno titolo in questa proposta e giustificano quindi questo nome così originale e intrigante.

La app è stata pensata per noi comuni mortali e ha come altro interlocutore le aziende bramose di conoscere noi, di arrivare a noi (we + people), alle nostre abitudini, gusti e consumi. E indirettamente questa app ha a che fare con soldi e vantaggi, cioè i nostri vantaggi ad amministrare bene i nostri dati personali, che oggi sono diventati nuova moneta, e molto preziosa. Le aziende fanno carte false per avere, classificare, sfruttare, gestire, rivendere i nostri dati collegati alle carte fedeltà, ai nostri account social, ai siti in cui siamo accreditati. Questo tema è così delicato e attuale, che a seguito di qualche scandalo di portata internazionale è stato necessario regolamentarlo da parte della Commissione europea attraverso il Gdpr acronimo di General Data Protection Regulation, che ora è diventato legge.

Ma se più o meno tutti siamo consapevoli dell’importanza del tema della protezione dei dati personali, solo pochi sanno cosa fare e cosa vuol dire possedere, controllare e proteggere i propri dati. In più i nostri dati sono dispersi tra aziende siti, motori di ricerca, e che ci vengono chiesti quando facciamo log in la prima volta. È nostro diritto “recuperare” questi dati e amministrarli per farli fruttare. Ma è molto complicato.

Per questo nasce Weople, e per non dire cose imprecise lascio alle parole del suo fondatore Silvio Siliprandi, sociologo ex presidente e amministratore delegato di GfK Eurisko, il piacere di spiegare di cosa si tratta. Di certo è una persona che di dati se ne intende. “Weople è una banca dati virtuale articolata in cassette di sicurezza con l’obiettivo di aiutare le persone ad avere il controllo delle proprie informazioni personali e consentire di ottenere un riconoscimento economico per i dati che scelgono di investire”. Weople recupera i nostri dati, li rende disponibili a noi, e anonimi per le aziende interessate ad avere il sapere che viene fuori da questi dati.

Affinché il circolo diventi virtuoso per tutti, i “clienti” che si affidano a Weople devono essere tanti, in modo che l’insieme dei loro dati possa risultare interessante per le aziende che vogliono vendere i loro prodotti e servizi in modo mirato ed efficace.

Avere tanti aderenti è l’obiettivo della app e del servizio che vuole svolgere per gli utenti; il senso del nome si giustifica ancora di più perché questo servizio è dalla parte delle persone, tutela le persone e la loro identità, si rinforza quante più persone aderiscono, e il soggetto primo di tutto ciò siamo noi … quel We che dà lo slancio al nome Weople.

Il logo di Weople è molto simpatico: la O sembra avere gli occhietti ed essere tutta un sorriso; il carattere minuscolo e il font trasmettono prossimità, accessibilità, vicinanza, e fanno pensare ad uno scambio informale, un circolarità bella che si autoalimenta.