Lo diceva ieri Franco Berrino a proposito del suo ultimo libro la Foresta di Perle, che non tocca le vendite desiderate. E aggiunge che “forse è perché mi sono avventurato in un terreno che non è di mia competenza, il riscaldamento globale”.

Spigliato e simpaticamente sboccato, Franco Berrino è medico epidemiologo in pensione, con una lunga carriera all’Istituto dei Tumori di Milano, tanti libri pubblicati, varie associazioni ed iniziative per la salute della persona.

Ma l’ultimo libro scritto insieme alla giornalista Enrica Bortolazzi è un po’ in bilico e non decolla come è successo ai suoi libri precedenti. L’autore dice che forse meriterebbe un titolo diverso, e meno romantico aggiungo io. La foresta di Perle fa pensare a quei film cinesi pieni di combattimenti, salti ed effetti speciali. In realtà il titolo si rifà alla tradizione induista, e il dottor Berrino lo giustifica riferendoci Legge di Indra. Indra è una divinità vedica molto potente che si fa costruire un palazzo delle meraviglie sul monte sacro Meru. Gli artigiani realizzano una grande rete che contiene il palazzo, la montagna e tutto il mondo, e ad ogni nodo della rete fanno corrispondere una perla. È questa un’immagine metaforica un po’ criptica, per indicare che siamo tutti collegati, che tutto è in relazione, che siamo tutti insieme con la Madre Terra.

Da lì il discorso si focalizza sul pianeta e su chi lo popola tra piante, microbi, virus e animali. Gli uomini rientrano nello 0,3% riservato alla vita animale. E poi passa al discusso tema dell’alimentazione, e di come il nostro attuale stile alimentare sia tutto sbagliato, per noi e per il pianeta. Ecco gli snodi più significativi:

  • diventare vecchi senza ammalarsi: non occorre una malattia per morire
  • siamo responsabili della nostra salute
  • le tre vie per la longevità: cibo, movimento fisico, vita spirituale
  • noi siamo ecosistemi, e siamo abitati da microbi. Per la precisione ne ospitiamo migliaia di miliardi; li sterminiamo con gli antibiotici, mentre invece dovremmo farli prosperare e nutrirli bene, perché ci proteggono
  • ai nostri microbi piacciono le fibre
  • con 5 euro al giorno si può mangiare integralmente cibo biologico
  • la nostra vita mentale influenza il funzionamento dei geni del DNA

Ce ne è per tutti: il cibo industriale e le bevande zuccherate, le foreste della Costa d’Avorio scomparse in 60 anni, l’azoto e l’anidride solforosa, i 27 miliardi di polli che ci “avvelenano”, la glicemia che sale o scende, la finanza che domina la produzione. Ma anche il canto che aumenta la longevità perché libera la mente.

Messo alle strette su quale poteva essere un titolo più efficace e fedele al testo e al suo messaggio, ci pensa un po’ e spara: “Salviamo il salvabile”. Un titolo, come un nome che deve durare e impressionare nel modo giusto, non si trova in 15 secondi, né al termine di una conferenza piuttosto animata.

Ci vuole riflessione, consapevolezza, pensiero strategico. E poi le risorse dell’immaginazione e del linguaggio, la capacità di capire cosa può attrarre un pubblico ampio, la conoscenza di quali sono i titoli già noti sul tema. E magari anche un po’ di negoziazione con la casa editrice che spesso influenza le scelte.

Il titolo “Salviamo il salvabile” proposto in quattro e quattr’otto da Berrino forse è impulsivo e catastrofico, ma è facile che esprima la sua preoccupazione sullo stato attuale del pianeta.

L’immagine è una composizione a partire dalla copertina.

A questo link c’è una presentazione del libro e dell’indice