Nei dizionari viene definito come un gioco di parole, spesso arguto o con effetti comici, che si basa sul fatto che alcune parole hanno una grafia simile – persino identica in alcune lingue – ma significati molto distanti tra loro. Il gioco consiste allora nello scambio di queste parole “sorelle” e l’effetto a volte fulminante è dato dal contesto in cui avviene lo scambio e dai vari doppi sensi che si vengono a creare. Un gran calembourista è Alessandro Bergonzoni, che nei suoi monologhi fa fare al linguaggio delle capriole che lasciano a bocca aperta. Un altro bell’esempio di calembour è stata la campagna pubblicitaria di Esseleunga di una decina di anni fa … John Lemon e tutti gli altri soggetti che stabilivano inediti legami tra i nomi di personaggi famosi e i nomi comuni di frutta & verdura.

Ma quando alle parole si affiancano le immagini, ecco che la forza umoristica si potenzia perché i doppi sensi dialogano a livello linguistico e a livello icononico e si avverte una sorta di spostamento che porta proprio fuori dai … luoghi comuni. Si possono vedere (!) dei bellissimi calembour visivi a Camogli (Ge) alla mostra M’immagino d’Immenso, calembour di immagini e di parole, che fino al 9 ottobre sarà ospitata dalla Fondazione Remotti e che raccoglie le opere di vari artisti dell’immagine che si sono divertiti a scompigliare i significati delle parole.