IL PREMIO NOBEL ELIAS CANETTI E IL FASCINO DEI NOMI

“… Quando sia nata in me questa debolezza per i nomi, non saprei dirlo. Divenne incoercibile con i greci, le cui divinità si dividevano per me in due gruppi, ai quali venivano assegnate, per il nome che portavano e solo molto raramente in ragione del loro carattere. Mi piacevano Persefone, Afrodite, Era; ai miei occhi nulla di quello che Era aveva fatto poteva offuscare la bellezza del suo nome; mi piacevano Poseidone ed Efeso, e Zeus per contro, mi era odioso, e così pure Ares e Ade. Di Atena mi affascinava la nascita, ad Apollo non perdonai mai la fine atroce di Mursia, la cui crudeltà ne velava per me il nome, che invece segretamente mi attraeva a dispetto di ogni convinzione contraria. Il conflitto tra nomi e gesta divenne per me una notevole fonte di tensione e la sensazione di dover conciliare le due cose non mi ha più abbandonato. Mi affezionavo a uomini e personaggi a causa del loro nome e le delusioni che mi procuravano i loro comportamenti mi inducevano a compiere sforzi tortuosi per modificare il mio giudizio e armonizzarlo col nome che portavano. Per altri invece dovevo escogitare storie ripugnanti che giustificassero i loro nomi orrendi. Non saprei in cosa avrei potuto essere più ingiusto: per uno che ammirava la giustizia più di ogni altra cosa, questa dipendenza dai nomi, che nulla riusciva a scalfire, aveva qualcosa di veramente fatale; essa ed essa sola io sento come un destino.”

Brano tratto da “La lingua salvata”, opera di Elias Canetti del 1977

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