Ecco un’altra storia di lettere K che ha segnato… la storia. Questa volta si tratta di K-Way, che riguardo la sua origine nominale non ha nulla a che vedere con la “Kappa” di Robe di Kappa, ma che nel suo presente e nel suo futuro qualcosa con loro la condivide. Dal 2004 fa infatti parte del gruppo BasicNet che nel 1994 acquisisce e rilancia l’attività e i marchi del Maglificio Calzificio Torinese, quindi anche Kappa e Robe di Kappa.

 

Un’intuizione favolosa

K-Way nasce in Francia a metà degli anni ’60 come un’invenzione destinata a rivoluzionare e colorare l’abbigliamento per la pioggia. Ai tempi c’erano solo ombrelli e impermeabili tutt’altro che pratici. Nel 1965 il giovane imprenditore Léon-Claude Duhamel nella sartoria del padre crea ex novo una giacchetta con varie doti: è di nylon, quindi leggerissima e impermeabile, semplice, essenziale, unisex, e comprimibile. Proprio manipolando la giacchetta scopre infatti che si può infilare nella sua stessa tasca: sviluppa l’idea e nasce il marsupio, che si lega con una cintura elastica in vita. Si tratterà di una cinturina molto particolare, a righe colorate, destinata a diventare la cifra distintiva della cerniera, del logo, del brand. Al di là di ogni ottimistica previsione nel primo anno vengono venduti 250.000 K-Way.

 

Come si pronuncia?

In Italia si pronuncia sia ki-uei che key-uei, usando la lettura inglese della K. Anche il genere è variabile, e si dice sia il K-Way che la K-Way; d’altronde è nato per essere unisex, negli anni in cui l’unisex impera. È funzionale, tecnologico, colorato, intelligente, ispira e incarna un nuovo lifestyle; ma perché un nome così strano?

Il suo creatore racconta che lui lo avrebbe chiamato En Cas De, ovvero in caso di pioggia o vento, rimasti sottintesi. Ma l’agente pubblicitario voleva a tutti i costi un nome inglese per poter sembrare internazionale, e magari addirittura americano, in anni in cui l’americanità era un valore. Nella lingua francese cas si legge “ca” proprio come la lettera K, per cui Duhamel si convince e nasce il compromesso: la K prende il posto di cas e si combina con il termine inglese Way che contribuisce ad indicare “in caso, in modo che” (se serve lo usi, dal momento che lo puoi portare sempre dietro). Il trattino/puntino, molto originale in quegli anni, ha un valore iconico e unisce le due parti del nome, a tutti gli effetti inglese.

 

Attenzione a non diventare un nome generico

Oggi K-Way è nei vocabolari di tante lingue, accompagnato dal simbolo ® in apice che indica il marchio registrato K-Way®. Si tratta di un marchio celebre, ovvero con un alto grado di notorietà e conosciuto dalla pluralità del pubblico. A testimoniare la sua grande popolarità e il suo pionierismo è l’uso improprio che a volte viene fatto del nome K-Way, come termine generico per riferirsi ad una giacca impermeabile e anti pioggia. Generalmente l’uso generico del nome può essere combattuto dall’azienda proprietaria del marchio, che può procedere con un’azione legale per impedire questo fenomeno e limitare i rischi di “volgarizzazione” del brand name.

Un incendio dello stabilimento francese nel 1992 è il primo atto che porterà al fallimento dell’azienda francese. Sebbene poco a poco la produzione diminuirà fino a interrompersi, il marchio K-Way non scompare e nel 2004 viene acquisito dalla torinese BasicNet che ricomincia ad investire e a rivitalizzare la sua ricca eredità. Oggi è nuovamente un brand fashion, con negozi monomarca e linee di abbigliamento che vanno ben oltre la pioggia e il vento; tutti segni di un capitale ricco, forte, ben radicato, e pieno di linfa vitale.