Che crisi di identità per la povera ciliegia trentina che si vede affibbiato il nome della cugina Melinda. Come mio padre che da bambino indossava le vestine delle sorelle maggiori perché i soldi erano pochi e quello c’era. In casa Melinda quello c’era, quel nome lì, florido, prezioso, valoroso; e quello si usa. Peccato che proprio Melinda sia un nome inventato apposta per la mela, tanto che contiene la parola mela quasi per intero. E non si scappa; come voler dire che il detersivo Perlana non è solo per la lana.

La direzione di Melinda ha ceduto ad una tentazione irresistibile: abbiamo un nome di successo, che vale, senza macchia, e che può trasformare in natura, armonia, bellezza, oro tutto quello che tocca, perché non usarlo? E allora ciliegie, fragole, frutti di bosco rientrano nell’ombra luminosa di questo nome.

È una regola: sfruttare una cosa che funziona. Nel marketing si chiama brand stretching perché si tira la marca (la si streccia) per farci entrare altra roba. Quando la roba è affine, l’operazione è pulita ed efficace; quando non lo è si avverte l’incongruenza. In questo caso la roba è affine, ma il nome che è il centro della marca, è proprio stretto. Peraltro Melinda è un nome bello, ricco e armonioso per avere una base descrittiva così forte. Sono di parte perché il mio nome è Linda, ma la crasi presente in Melinda è semplice ed eufonica.

Ci sono buone operazioni che si possono fare in situazioni come queste: Melinda può diventare la marca garanzia, una firma per le nuove proposte “non mela”. Si potrebbe approfittare così della sua protezione e valore, senza ricorrere a escamotage e maneggi come quello della comunicazione che si vede a Milano e in GDO da qualche giorno: “La ciliegia più buona? Ha il nome di una mela”. Più originale ma ugualmente opaca la campagna dell’anno scorso, dove la confusione mentale ha interessato forse più la mela che la ciliegia: “una Melinda tira l’altra”.

Spesso è questione di trattamenti grafici che attribuiscono pesi e status diversi e relativi a nomi, descriptor, loghi e testi. A me i messaggi delle campagne di comunicazione fanno l’effetto del mirror climbing, espressione che non esiste ma si usa, maccheronica, italiatica, ma con licenza e humor la metto in questo contesto.

Un brand che funziona vale oro; includere ciliegie e altri frutti non indebolisce di certo la marca Melinda, ma potrebbe potenziarla argutamente con una riflessione strategica che usa il naming a servizio del branding. I prodotti Melinda che non sono mele segnalano e danno importanza a se stessi sui pack, con un fumetto che accosta la descrizione con articolo es. “Le ciliegie” al logo Melinda, e così per le fragole e gli altri frutti. È la comunicazione che nel suo registro narcisistico e provocatorio è invece più urticante.

Buon 30° compleanno alle mele Melinda e buon viaggio alle ciliegie Melinda che peraltro hanno nomi molto interessanti: Kordia, Ferrovia, Regina, Durone 3.