Sui media il suo nome è scritto in vari modi: WalkMan, Walk-Man, Walkman, persino tutto minuscolo in un titolo del nuovissimo Corriere Innovazione, prima uscita oggi con Corriere della Sera.

Ma questo robot fa molto di più che imitare l’uomo camminante: è stato studiato per sostituire e aiutare l’uomo nelle situazioni di pericolo, rischiare al posto suo, per il Disaster Recovery e le catastrofi naturali. È stato provato nelle case distrutte dal terremoto per studiare crepe e lesioni. È un’eccellenza italiana, un primato, una perla tecnologica. L’ultima versione è ultra leggera con i suoi 31 chili, ultra manovrabile, ultra efficiente. E si chiama solo Walk-Man? Perché tutto questo understatement?

Peraltro proprio il nome Walkman ha un passato forte, e con esso una storia non proprio edificante: nato come nome di proprietà di Sony alla fine degli anni 70’, ha perso il suo valore e la sua personalità diventando generico per nominare la tipologia di prodotto, quindi anche gli strumenti analoghi prodotti dai concorrenti di Sony.

Nella voce di Wikipedia si prova a dare ragione di questo nome così povero, rifacendosi ad un acronimi/acrostico del progetto “Whole Body Adaptive Locomotion and Manipulation”.

Ma come altro avrebbe potuto chiamarsi per essere valorizzato ed esibito con più forza?