THE EXTRAORDINARY ITALIAN TASTERiprendo e condivido le focose puntualizzazioni di Annamaria Testa al nome (e al marchio) scelto dal Ministero dello Sviluppo Economico per il “segno distintivo unico dell’ agroalimentare italiano”. Qui il link al lungo e accalorato articolo, tutto interessante.

Comincio con la scelta della lingua della parte verbale di questo marchio

PERCHE’ L’INGLESE?

Vogliamo promuovere e difendere i prodotti italiani? E’ di Italia e di italianità che si parla, e qualsiasi fonema contenuto nella parola Ita-lia è riconoscibile, forte, distintivo, diretto. Ricorrere alla lingua inglese è arrendersi ancora e sempre, e andare contro natura. Per fortuna almeno non sono stati toccati i bassi fondi di VeryBello. Non il dialetto, non la Crusca, ma almeno una parola o un’espressione italiana, please.

PERCHE’ EXTRAORDINARY?

Hanno scelto lo “straordinario” come cifra distintiva del Made-in-Italy (qui l’inglese è d’obbligo) come si vede nel video di presentazione. Ma come sottolinea anche la Testa, “autentico”, “autenticità” ed “originale” sono concetti e parole più efficaci per lo scopo del nome e del marchio di distinguere i prodotti alimentari italiani dalle infinite imitazioni e contraffazioni.

ITALIAN SOUNDING

E’ vero che questo nome fa un autogol e addirittura sembra uno di quei nomi Italian Sounding tanto dannosi alla nostra economia e alla nostra immagine perché vogliono imitare il linguaggio “italiano” al fine di illudere sulla provenienza e sulla valenza di italianità.

MARCHIO

Non è questo il luogo per parlare di marchio e di risvolti grafici; nell’insieme questo segno è dispersivo, poco diretto e non ci porta sulla via della protezione e dell’unicità, che sono gli obiettivi di questa iniziativa.

Riporto le parole di Annamaria: “Cominciare con un “vero” marchio, che dica inequivocabilmente e coraggiosamente garanzia e originalità, che non sembri a sua volta italian sounding e che abbia altissima riconoscibilità rispetto ai 60 miliardi di roba taroccata e imbandierata che viaggia sul mercato non sarebbe male.”

E chiudo con un aggiornamento da Linkiesta segnalato da Annamria Testa che riporta altri pareri e punti di vista su marchio e parte verbale.